“Il piano banda larga ha cambiato la competizione infrastrutturale sulla posa della fibra, anche in ottica 5G. Quindi le telco devono dotarsi di infrastrutture adeguate. Stiamo parlando di reti che non devono semplicemente essere ultraveloci. Ci sono altre dimensioni da tenere sotto controllo e non sono secondarie”. Paolo Campoli, head of Global service provider business per il Sud-Europa di Cisco è sicuro: la rivoluzione delle reti di telecomunicazioni è già iniziata e dalla capacità di innovare dipenderà la tenuta della competitività.
Intervistato da CorCom, il manager del colosso americano, che ha chiuso un accordo con Tim per l’ammodernamento della rete che raccoglie e aggrega il traffico proveniente dagli accessi su linee fisse e mobili e dai collegamenti aziendali, spiega le sfide che attendono il mondo telco, obbligato ad uscire fuori dal mantra della velocità per abbracciare nuove sfide, come l’iperconnettività e la flessibilità. Elementi fondamentali per stare sul mercato e imprescindibili in ottica 5G.
“Prepariamoci a una rivisitazione di tutto l’ecosistema e allo spostamento del valore dalla pura connettività mobile a una piattaforma che consenta di creare soluzioni digitali e use case orientati all’industria”, spiega Campoli che individua in semplificazione, virtualizzazione e automazione il trio magico delle reti del futuro.
Partiamo dal recente accordo per l’ammodernamento della rete di Tim. Su quali punti concentrerete il vostro lavoro? Quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati?
La partnership con Tim sulle reti esiste da tanti anni e dalla fine degli anni ’90 in modo significativo. Il piano banda larga ha cambiato la competizione infrastrutturale sulla posa della fibra e in ottica 5G. Quindi le telco devono dotarsi di infrastrutture adeguate e qua entriamo in gioco noi. Stiamo parlando di scommesse importanti, cioè di reti che non devono semplicemente essere ultraveloci. Ci sono comunque altre dimensioni da tenere sotto controllo e non sono secondarie.
Da un lato l’iperconnettività, cioè tutto quello che riguarda l’Internet of Things su cui Tim vuole giocare un ruolo fondamentale abilitando la trasformazione digitale di settori come l’industria 4.0, il trasporto, l’agroalimentare e altri per accedere a milioni di oggetti connessi. Dall’altro la flessibilità, che è importantissima perché le nuove reti non devono essere disegnate per avere lo stesso tipo di traffico da qui a 10 anni, ma per rispondere a una domanda che cambierà in modo profondo nel corso del tempo.
E con Tim stiamo lavorando su velocità, iperconnettività e flessibilità puntando su una piattaforma capace di apprendere, auto-adattarsi ed essere sicura. Perché una rete così configurata aiuta a portare servizi migliori sia al consumer che alle aziende e alla Pubblica amministrazione. È una sfida di ampia portata che stiamo affrontando fianco a fianco.
In estate avete annunciato una nuova strategia per le infrastrutture di rete che avete chiamato Intuitive Network. Come si declina questo paradigma nel mondo telco?
Ci sono tantissimi elementi di somiglianza fra il paradigma dell’Intuitive Network per il mondo enterprise e l’evoluzione delle reti nel mondo telco. In primis il concetto di reti che auto-apprendono. L’avvento dell’IoT impone il passaggio a modelli più automatizzati, sia nelle policy sia negli aspetti di sicurezza. Non posso aggiornare e collegare una rete di un aeroporto facendo quando arriva una nuova compagnia aerea gestendo il processo in modo meccanico. Questa è un’esigenza che ormai si applica tanto anche ai servizi provider.
L’altro punto chiave riguarda gli analytics. Oggi ci sono molti più dati annegati nelle reti che nei data center. La capacità di estrarli in tempo reale, razionalizzarli e darli in pasto a sistemi di intelligenza artificiale è importante per innalzare il livello di tutta la catena dei servizi, dalla qualità dell’offerta fino al servizio clienti.
Non a caso, una delle grandi scommesse di Telecom è proprio quello di fare streaming analytics, estrarre cioè dati in tempo reale, aggregarli e fare analisi dei trend.
Il terzo pilastro è la sicurezza pervasiva, cioè non solo ai bordi della reta. I motori di intelligence aiutano, ma è necessario pure avere la possibilità di analizzare i flussi criptati in tempo reale e dedurre potenziali violazioni. Allo stesso tempo è fondamentale capire come correlare rete, cloud e IT, per verificare attacchi cyber tramite correlazioni e analisi comportamentale, e rendere intrinsecamente sicuri tutti gli apparati di rete, per bloccare ingressi malevoli da remoti o violazioni dei codici. Far sì che le macchine segreghino il traffico meno sicuro per non farlo andare in rete. La sfida di Cisco è fare dell’Intuitive Network un elemento integrante delle reti dei service provider.
Come si inserisce il tema dell’evoluzione infrastrutturale nel contesto di trasformazione digitale in atto sul mercato delle telecomunicazioni?
Dopo una decade di guerra dei prezzi e perdita del valore a vantaggio degli Over-the-top è in atto un’inversione di tendenza. Sta aumentando la rilevanza dei service provider come fornitori di soluzioni per segmenti verticali. Ci si rende cioè conto che la connettività non è l’unico elemento a valore aggiunto che una telco può offrire a finanza, manifacturing e automotive. L’IoT fa ad esempio dei provider dei nuovi fornitori di sicurezza. C’è insomma un focus importante sulla user experience. Sul fronte consumer il discorso è più complesso e la dinamica più probabile è quella di future aggregazioni telco-media.