Tra Silvio Berlusconi e Vincent Bollorè, due tra gli uomini più potenti d’Europa, c’è grande intesa. L’unione tra Vivendi e Mediaset, secondo quanto si è potuto ricostruire, è sempre più reale ed nata negli uffici di Cologno Monzese dalla volontà da parte di Mediaset di competere a livello europeo.
I giornali degli ultimi giorni grondano di anticipazioni sui dettagli dell’operazione. Secondo Carlo Festa del Sole 24 ore, per esempio, l’accordo preliminare tra le due società dovrebbe essere annunciato domani. “Tutto ruoterà – scrive Festa – sullo scambio azionario del 3,5 per cento di Vivendi e di Mediaset. La quota di Vivendi vale 870 milioni, quella di Mediaset 150 milioni: ovviamente se in questi giorni che mancano alla definizione non ci saranno fluttuazioni in Borsa. La differenza di capitalizzazione sono dunque circa 700 milioni”. Questo significa che, affinché lo scambio del 3,5% delle azioni possa essere “alla pari”, la società italiana dovrà compensare quella francese per circa 700 milioni.
Dividendo le strade (almeno quelle societarie, non editoriali) della pay tv e della tv generalista, Mediaset torna a concentrarsi sul suo business storico: con lo sport (che in Italia e in Europa è sorpattutto il calcio) e i film da Prima Visione migrati sulla pay (e che hanno fatto la fortuna di Sky), la tv generalista è stata più volte data per spacciata. Ma così non è: il «consumo» di tv, inteso come ore passate davanti allo schermo, è in aumento in tutto il mondo. I canali gratuiti si specializzeranno sempre di più su eventi unici, dove il palinsesto, inteso come un programma non ripetibile a una certa ora di un certo giorno (o lo vedi o lo perdi), ha ancora un suo peso; il contrario della pay-tv dove è l’utente a scegliere come vedere un contenuto.
L’obiettivo dell’operazione è allora noto da tempo: creare un campione europeo dei contenuti che possa competere con colossi a stelle e strisce del rango di Netflix. Ma proprio qui entra in gioco la “fase 2″ dell’alleanza tra Mediaset e Vivendi. Sempre secondo Il Sole 24 ore, “il progetto anti-Netflix sotto la regia dell’imprenditore franco tunisino Tarak Ben Ammar prevede una piattaforma comune partecipata da entrambi i gruppi e aperta ad altri soggetti, magari anche alle major Usa”. Non solo: “Vivendi – scrive Festa sul giornale di Confindustria – ha 8 miliardi di euro in cassa ma ha bisogno di alleati come Mediaset (che fra l’altro possiede Medusa) per produrre contenuti esclusivi in Europa”.